È in grado un progetto di formazione professionale all’interno del carcere di generare inclusione sociale e avvicinamento al mondo del lavoro?
Quanto è efficace l’iniziativa del terzo settore in una realtà come quella della casa circondariale?
Come recita l’articolo 27 della nostra Costituzione, le pene devono tendere alla rieducazione del condannato, ma questo compito risulta piuttosto arduo.
In base ai dati reperibili sul sito del Ministero di Giustizia e riferiti al 2020, risulta che le persone che si trovano negli istituti penitenziari italiani sono 53.364, a fronte di una capienza di 50.562 posti, pari al 105%. La situazione è abbastanza simile in Emilia Romagna, dove i posti occupati sono il 104% (3139 carcerati per 2993 posti), mentre le condizioni di sovraffollamento si fanno più sensibili all’interno della Casa Circondariale di Ferrara, che ospita 344 carcerati su 244 posti disponibili (140%).
Che su una piccola e non ricca provincia come quella di Ferrara gravi un peso considerevole, risulta evidente anche se si prende in considerazione il rapporto tra il numero dei carcerati ed i residenti, questo rapporto in percentuale è infatti pari allo 0,08% rispetto alla popolazione italiana, allo 0,07% in Emilia Romagna, allo 0,09% nella provincia di Ferrara.
Il progetto monitorato, Interventi per l’inclusione socio lavorativa delle persone in esecuzione penale presso la Casa Circondariale di Ferrara, è una singola azione realizzata nel 2017/18 e inserita in un piano complesso che riguarda tutti gli Istituti penitenziari regionali, infatti il soggetto programmatore è la regione Emilia Romagna, mentre il beneficiario risulta l’ente di formazione IRECOOP. L’obiettivo del progetto è promuovere l’inclusione sociale, attraverso attività di istruzione e formazione finalizzate al reinserimento lavorativo.
Dall’analisi del bando, reperibile sul sito della regione Emilia Romagna, si deduce che ogni singola azione viene programmata a partire dal fabbisogno espresso dai singoli Istituti penitenziari, in base ad indicatori ben precisi: numero dei detenuti, nazionalità, genere, condizione giuridica e scolarità. I dati presi in esame erano stati raccolti nel 2016: la popolazione carceraria regionale era pari a 3.088 unità, di cui 343 nella Casa Circondariale di Ferrara.
I grafici mettono in evidenza situazioni differenti nei vari istituti penitenziari e, se si passa al confronto tra questi indicatori ed il finanziamento pubblico erogato per i progetti dei diversi carceri, non appare evidente una correlazione, quindi occorrerà comprendere quali fattori determinano la distribuzione dei fondi.
Il progetto monitorato prevedeva un finanziamento di 53.626 euro (49% proveniente dall’UE, 36% fondo di rotazione e 15% regione) destinato all’acquisto di beni e servizi (corsi di formazione, materiale di facile consumo, indennità per i partecipanti), si è svolto tra il 2017 e il 2018, pertanto risulta concluso.
Il progetto ha una continuità nel tempo: nel programma 2014-20 si sono susseguite 6 azioni, sempre programmate dalla regione Emilia Romagna ed i beneficiari che si sono avvicendati sono il Centro Studi Don Calabria, IRECOOP e AECA.
La realizzazione dei tirocini è stata effettuata da soggetti del terzo settore: la Cooperativa “Il Germoglio” e l’Associazione “Viale K” hanno garantito una continuità nel tempo, gestendo il laboratorio RAEE e l’orto all’interno del carcere, mentre altre attività si sono alternate nel corso degli anni.
L’importo dei finanziamenti non è stato costante negli anni: la flessione più evidente riguarda il 2018, anno in cui però sono stati realizzati due diversi programmi.
È molto difficile misurare l’impatto di questi progetti sull’occupabilità dei carcerati: difficilmente un’organizzazione di volontariato riesce a collocare lavorativamente queste persone, più facile per una cooperativa, che spesso riesce ad inserirli al proprio interno. Il Germoglio ci ha fornito i propri dati riferiti ai 10 anni di attività in carcere: 43 le persone coinvolte nel laboratorio RAEE, di cui 18 assunte, alcune all’interno della Casa Circondariale.
Il territorio ferrarese non offre molte opportunità lavorative: il tasso di disoccupazione è il più alto tra le province dell’Emilia Romagna (8,7%), inferiore a quello nazionale (9,7%), ma molto più alto di quello regionale (5,5%).
Tra i 676 soggetti no profit della provincia, 10 sono coinvolti nelle attività interne alla Casa Circondariale. Abbiamo inviato un questionario per monitorare il loro lavoro e la capacità di fare rete, solo la metà ci ha risposto. I volontari coinvolti per ciascuna organizzazione vanno da 1 a 3, la partecipazione dei reclusi da un minimo di 6 ad un massimo di 35 e sono prevalentemente italiani, l’80% delle associazioni dichiarano di avere collaborato qualche volta tra loro, il 20% spesso, valutata complessivamente in modo positivo la capacità delle associazioni di collaborare tra loro per l'inclusività delle persone carcerate.