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Articolo di Data Journalism

L'inquinamento della Valle del Sacco

I dati presi in considerazione sono stati elaborati tra gli anni 1997 e 2018. Essi hanno accertato un inquinamento ambientale causato da discariche di rifiuti tossici provenienti dalle industrie e dall’ingente quantità di elementi e sostanze, come per esempio il cianuro, l’amianto, lo zinco, il Beta-HCH e altri ancora, i quali sono presenti nel fiume Sacco e mettono a grande rischio la salute della popolazione umana e animale.

Viene anche precisato il fatto che si è cercato di provvedere con urgenza alla costruzione di canali e discariche per salvaguardare la nostra salute, ma purtroppo con scarsi risultati perchè nonostante il Comune approvò questi progetti, non vennero mai realizzati.

Per questo motivo, con il passare degli anni, si arrivò ad avere una maggiore contaminazione delle falde acquifere e dei torrenti, i quali vengono usati per irrigare i campi, innaffiare gli ortaggi e alimentare i pozzi delle case.

Nel marzo 2005 è stato riconosciuto lo stato di emergenza ambientale per la valle del fiume Sacco in seguito al riscontro di livelli di β-HCH molte volte superiori ai limiti di legge in campioni di latte di massa crudo e su foraggi prelevati in alcune aziende agricole del comprensorio di Colleferro. Nello stesso anno sono stati trovati 25 bovini morti a causa dell'alto livello di cianuro presente nelle acque dello stesso fiume. Per valutare lo stato della salute della popolazione in rapporto alle esposizioni ambientali, la Regione Lazio ha promosso nel 2006 il progetto “Salute della popolazione nell’area della Valle del Sacco” coordinato dal Dipartimento di Epidemiologia del Servizio Sanitario Regionale del Lazio. Il programma comprendeva uno studio di biomonitoraggio che ha evidenziato un aumento della concentrazione di β-HCH all’aumentare dell’età, per i residenti entro 1 km dal fiume Sacco. Tra il 2010 e il 2013 uno studio ha evidenziato come l’aumento del particolato atmosferico nella zona del fiume sacco abbia comportato un aumento del rischio di contrarre malattie cardiache, cerebrovascolari e respiratorie. Nel 2011 e nel 2013 l’Arpa Lazio esegue le analisi sui campioni di terreno prelevati attorno alla discarica; «il risultato è una pesantissima contaminazione da piombo, cobalto e zinco ecc.

La causa della fuoriuscita del percolato è una discarica di località Radicina nel comune di Anagni, chiusa nel 1997, che non è mai stata messa in sicurezza.

La copertura è stata eseguita solo con terra di riporto e non con teli impermeabili come prescritto dalle normative, perciò la pioggia ha dilavato i rifiuti abbancati ed ha portato con sé il percolato che si è riversato nei fossi di scolo, e da questi nel Fosso delle Monache, nell’Alabro e poi nel Sacco. Tra il 2013 e il 2015 uno studio sulla popolazione ha evidenziato che la concentrazione di Beta-HCH (sostanza chimica molto pericolosa) nel sangue aumenta con l’età e che i soggetti di età superiore ai 50 anni e diventa ancora più alta dopo i 70 anni; si deduce che la contaminazione sia stata di tipo cronico. Nel 2014 l’Arpa Lazio e la Regione Lazio scongiurano il Comune di Anagni di provvedere con urgenza alle opere di messa in sicurezza. il Comune con una delibera di giunta del 2015 approva il progetto ma non lo ha mai realizzato. Nel 2016, l’amministrazione comunale aveva anche provato ad inserire la discarica nel SIN Bacino del fiume Sacco, con la speranza di scaricare responsabilità ed oneri sul Ministero dell’Ambiente, il quale però ha risposto picche. 

Per vent’anni il percolato prodotto dalla discarica è fuoriuscito inquinando terreni e canali, e si è riversato nel vicino torrente Alabro che, dopo aver attraversato la popolosa frazione “Cartiera” di Ferentino, confluisce nel Sacco; Una media di 10.500 mc all’anno di percolato che attraverso il reticolo di canali e corsi d’acqua, si è disperso su un’area che va dalla Macchia di Anagni, alla Frazione Cartiera di Ferentino e fino all’area industriale a confine con i Comuni di Patrica, Morolo e Supino.

In conclusione, è possibile osservare come le acque del fiume Sacco siano considerevolmente inquinate da sostanze altamente nocive, derivanti dalla produzione industriale di fertilizzanti, pesticidi, detergenti, cosmetici e, più in generale, anche prodotti per l'industria tessile e metallurgica. Dallo scarico illegale di rifiuti, non solo all’interno del fiume stesso ma anche in tutta la zona circostante, hanno origine gravissime ripercussioni sulla salute della popolazione del luogo. Basti pensare che già nel 2004, secondo il rapporto “Mortalità e ricoveri ospedalieri dei residenti nella Valle del Sacco” del dipartimento di Epidemiologia della Asl di Roma, I pazienti con leucemia erano diventati il 200% in più, nel giro di meno di 10 anni. Queste sostanze, infatti, sono responsabili di un aumento di tumori a pleura e vescica negli uomini e all’utero e al seno per le donne. Purtroppo, non è possibile individuare precisamente i responsabili di questo terribile fenomeno, in quanto non sono trapelate importanti informazioni dall'inchiesta avviata dalla procura di Frosinone nel 2018. Possiamo solo riporre la nostra fiducia e le nostre speranze nelle autorità, affinché, come tutti noi ci auguriamo, il nostro territorio torni ad essere quello di ormai troppo tempo fa.